domenica 21 novembre 2010

Del design e dei designers


"Il difficile non è mica progettare cose belle, è impedire che gli altri te le sputtanino..." Così Marcel, il capo dello studio dove lavoro, mi spiega la sua visione del design davanti alla proposta di grafica appena ricevuta dall'azienda che sta per immettere sul mercato un nostro progetto. La bozza in questione consisteva infatti di un riprovevole esempio di immagine pubblicitaria prodotta da un qualche incolpevole dipendente, che si è evidentemente dovuto improvvisare grafico per far risparmiare due lire al proprio capo. Il risultato è che un notevole progetto di design viene malamente rovinato dall'incarto e destinato sul nascere al fallimento da due bambini vestiti anni '60 che dovrebbero indurre i loro coetanei all'acquisto tramite un'immagine quantomeno inquietante. Difficile dare torto a Marcel.
Ma cosa penserebbe Marcel del design se sapesse che in Italia, da molti ancora ritenuta (a torto, direi) la patria della creatività, gli studi di industrial design veri e propri non esistono o quasi, e l'ambiente della progettazione del prodotto è costituito interamente da liberi professionisti che fra una ristrutturazione di appartamento e l'altra, trovano il tempo di disegnare due lavandini o al limite un servizio di piatti. Le uniche eccezioni riguardano qualche professore universitario, che contando sullo stipendio accademico porta avanti uno studio personale dove parcheggiare un paio di stagisti alla volta. Capirai che centro mondiale del design.
Cosa penserebbe Marcel se sapesse che in Italia il contratto a tempo indeterminato non esiste più, sostituito dalla flessibilità della collaborazione esterna, vergognoso esempio di come la politica possa costringere una generazione di professionisti alla precarietà a vita. Forse Marcel sarebbe costretto a pensare a Frank, uno dei nostri senior designer, che alla soglia dei quarant'anni ha deciso di licenziarsi per fare il libero professionista, con due figlie piccole e un mutuo. Forse, visto che Frank non sembra proprio uno sconsiderato, dove c'è più rispetto verso i professionisti, ci sono anche più opportunità?
Forse Marcel riguarderebbe quella grafica indegna, e si sentirebbe meglio.

lunedì 1 novembre 2010

Het Wilde Westen (il selvaggio ovest)


Sabato scorso è stato giorno di scoperte: un gruppo di amici ha organizzato una gita con tanto di guida nel quartiere ovest della città, quello che inizia intorno a casa mia fra l'altro. Il gruppo, composto da una ventina di assortiti trentenni rotterdamesi, non mi lasciava scampo linguistico con la guida, alla quale non mi sono sentito di chiedere una lingua a me più familiare, e dunque mi sono rassegnato a indovinare il senso delle spiegazioni contando sui miei trenta vocaboli a disposizione, salvo poi farmi riassumere il tutto in inglese da qualche amico volenteroso. Devo dire che si sono fortunatamente premurati in diversi di farlo, e così adesso so che a pochi passi da casa mia esiste un monumento alla memoria dei bombardamenti tedeschi, un mulino a vento rimasto in piedi e poi restaurato, un paio di cantieri che promettono architetture futuristiche nel giro di un anno, e una lunga serie di edifici storici accuratamente mantenuti e pieni di storie affascinanti. Il giro turistico è poi proseguito con una accurata disamina dei locali della zona, facendo una capatina meticolosa in ognuno di essi per una birra o due. Considerato che il tutto è iniziato alle due del pomeriggio e finito a notte fonda, e che i locali erano più di una decina, si può facilmente immaginare come sia stato felice di trovarmi a pochi passi da casa, senza il fastidio di dover guidare.
La serata mi ha anche offerto la possibilità di ammirare un cantante folk della zona, che con gusto tipicamente locale ha mandato in visibilio il pubblico del pub con una selezione di pezzi tradizionali rigorosamente suonati dalle basi, cantando in mezzo alla gente in un bagno di folla vero e proprio. Per la cronaca, l'età media degli avventori abituali superava non di poco quella dell'ulivo mediterraneo, non si avesse a pensare che l'entusiasmo fosse dovuto agli ormoni della pubertà in subbuglio... Non potendo cantare come gli altri a squarciagola i deliziosi valzeroni da rifugio sciistico tirolese, mi sono dovuto accontentare di mangiare un cofano di cozze davanti al locale, servite da un simpatico cuoco attempato, addetto all'aperitivo. Il che non mi ha comunque impedito di farmi fotografare insieme all'eroico cantore, per cui vi invito a visitare l'album di foto per maggiori dettagli.