mercoledì 1 ottobre 2008

See you soon, Banko!

Sotto un cielo grigio e piovoso, prontamente servito dal clima olandese affinchè non corressi il rischio di ricordarmi dell’Olanda come di un paese baciato dal sole, guardo scorrere i campi attraverso il finestrino del treno che mi porta verso Schipol, l’aeroporto di Amsterdam. Un sacco di cose mi ricordano con precisione il giorno in cui sono arrivato, esattamente tre mesi fa più o meno a quest’ora, e posso addirittura ricordare quanto fossi ansioso di prendere possesso di ciò che mi ero conquistato, in una sorta di penoso flash-back da libro cuore che prontamente interrompo per rispetto verso la mia persona. Nel frattempo ricontrollo mentalmente i preparativi fatti oggi, prima di partire, come se ricordarsi adesso di aver dimenticato qualcosa potesse avere la benchè minima utilità. Ricompongo le fasi della mia ultima giornata in terra olandese, principalmente trascorsa fra lasciti di vari oggetti, acquisti dell’ultima ora, e la vendita della bicicletta.

Effettivamente, lasciare le chiavi di qualcosa che è stato tuo, sia esso una bicicletta, un appartamento, o qualunque altra cosa, è davvero triste. Posso dire che nel momento in cui ho posato le chiavi della bicicletta sul banco del negozio, e infilato quelle di casa nella cassetta del proprietario, ho provato la chiara sensazione che tutto stesse finendo e che fosse giunta l’ora di tornare a casa. Non senza nostalgia di tutto ciò che questi tre mesi sono stati, ma anche con la voglia di rivedere la propria casa, che incalza di ora in ora. Ormai non mi resta che attendere che un aereo mi traghetti nella mia vita di sempre, e la voglia che questo accada si fa sempre meno trascurabile, passando per il bisogno di rivedere un sacco di persone importanti, fino al piacere che provo al pensiero del momento in cui mi sdraierò nel mio letto, senza sentirlo cedere sotto il mio peso in modo da farmi assumere una posizione parabolica, come mi sono dovuto abituare a fare in questi mesi.

Non posso sapere che seguito avrà questo blog, anche se continuerò a scriverci ogni qualvolta avrò qualcosa da dire, né posso sapere che seguito avrà quest’esperienza; posso dire però che mi impegnerò perchè entrambi ne abbiano uno, dato che nel primo ho ritrovato il piacere di scrivere per il solo gusto di farlo, e per la seconda... beh spero solo di potermi chiedere ancora in futuro: quo vadis, Banko?

lunedì 29 settembre 2008

So easy to live, so hard to leave. (così facile vivere, così difficile partire)

La valigia aperta in mezzo alla stanza, infinitamente piccola come la porta agli occhi di chi sta per tirare un rigore, mi ricorda ogni momento che i tre mesi sono agli sgoccioli, e che domani un aereo concluderà questa esperienza. Mentre ripiego biancheria sporca, impacchetto oggetti di ogni genere, e raccolgo cose di cui avevo perso il ricordo, ben altri ricordi si affollano nella testa, non ancora riordinati. Di tanto in tanto passo davanti allo specchio e colgo l'occasione per guardarmi, e confrontarmi ancora una volta con quello che ero il giorno della partenza, con il risultato di non riconoscermici e constatare una volta di più che in questi tre mesi ho vissuto il cambiamento più radicale dai tempi della pubertà. In fondo ho solo vissuto per un'estate in una città non troppo lontana da casa, con persone dalle abitudini più o meno simili alle nostre, lavorando in uno studio di persone normali, e vivendo quello che tanti miei coetanei vivono anche per un anno. E allora come mai sono così sicuro di essere cambiato?

Forse perchè per la prima volta ho potuto contare solo su di me, ho conosciuto decine di persone che parlavano un'altra lingua eppure sono riuscito a stabilire dei legami, a capirne i pensieri, a condividere delle emozioni con loro. Forse perchè ho vissuto per tre mesi immerso nella diversità di razza, di religione, di pensiero, di stile di vita, eppure ho apprezzato continuamente quanto il risultato di questa mescolanza fosse piacevole. Forse perchè ho constatato quanto si possa sentirsi a casa anche in un'altra città, in un'altra strada, in un'altra casa e in un altro letto. Forse perchè sono riuscito, non senza sforzo, a perdere le mie abitudini e adattarmi a quelle di chi mi ha circondato, dal modo di vestire, a quello di mangiare, fino anche al modo di pensare. Forse la disinvoltura di chi è abituato a considerare la diversità un valore mi si è attaccata in qualche modo, e ora più che mai vedo i miei cambiamenti e le mie peculiarità come un orgoglio da esibire. Forse perchè ho passato tanto tempo con me stesso e nessun'altro, e altrettanto tempo in mezzo a un sacco di persone. Forse perchè ho messo a frutto tutto il mio tempo per la prima volta in 25 anni. Forse perchè ho passato dei momenti stupendi con persone che hanno fatto 1600 km per venire a trovarmi. Forse perchè sono riuscito a trovare qualcosa di invidiabile in ognuna delle persone che ho conosciuto, e dunque adesso mi sento diverso perchè conservo dentro di me qualcosa di tutti loro. 

Sì, dev'essere così, sono loro i miei cambiamenti, sono loro che mi porto dentro assieme ai ricordi, e dunque adesso non sono più solo Lorenzo, sono anche un po' Marcel, Chris, Willemijn, Fleur, Frank, Daniel, Harrie, le cameriere del Bazar, Peter, Isacco e Filippo, Mirte, Nils, il cantante di Nieuwe Binnenweg e la sua chitarra scordata, mr. Kampman, Jamie, Lotte, Nikki, il barista dello Iez e il turco del kapsalon, il biclettaio che mi ha venduto la bicicletta, e l'operaio che me l'ha sistemata quando sono infilato nelle verghe del tram, i ragazzi dello studio Mangrove e quelli del Rotown, l'Elena, e tutti coloro che sono venuti a trovarmi. Sono tutto questo, e se avessi tempo per pensarci adesso, scoprirei di essere anche di più. 
 
Nella valigia dunque, insieme allo strato di calzini sporchi, vestiti portati e vestiti comprati qua, domani sistemerò anche una ricca serie di ricordi impossibili da cancellare, che vanno dal sapore del mango dell'Albert Hein, al profumo dell'erba del parco e di quella dei coffeeshop, dal sapore della birra belga al rumore della dinamo tornando a casa la notte, dalla luce dei lampioni di Schouwburgsplein al sapore dei toast allo studio, dalla pioggia alle nove di mattina al sole sui grattacieli alle nove di sera, dalla musica frastornante dell'Herr Zimmermann ai capelli improbabili dei suoi avventori, dal piercing che mi porto addosso da un mese all'odore di pesce fritto del mercato il sabato mattina. Tutte queste cose, e il loro corredo di altri ricordi ad esse legate, si accumulano nella mia valigia senza prenderne lo spazio, in un enorme immagine che sarebbe confusa e indistinguibile agli occhi di chiunque, ma non ai miei che invece la trovano perfettamente chiara. Mi ci vorranno giorni per riordinarle tutte, e forse nemmeno lo farò, per non rischiare di perderne nemeno una.

mercoledì 24 settembre 2008

Mastermundo, diete, e cene d'addio...


Sabato prossimo, dopo mesi di preparativi, fra Amsterdam e Den Haag si terrà Mastermundo 2008, la prima conferenza sul design in movimento, nel senso che i vari ospiti parleranno durante il viaggio in treno appunto fra le due città. Il tutto é organizzato da Marcel Kampman, art director dello studio nonché fonte inesauribile di idee e di voglia di realizzarle, che da ormai un mesetto mi aggiorna costantemente sull'avanzamento dei preparativi, e sulle risposte ricevute dagli ospiti. Comprensibilmente ho dovuto fare affidamento sul mio miglior sorriso per comunicargli che non vi avrei preso parte, essendo questo l'ultimo sabato che trascorro a Rotterdam, dopo tre mesi nei quali ho vissuto immerso nel design, ed essendo io ansioso di celebrarlo a suon di birre. Spero abbia apprezzato la mia sincerità.

La scorsa settimana ho invece ricevuto una visita tanto inconsueta quanto gradita: il mio zio Luca. Devo dire che dopo una lunga lista di visite di amici, genitori e affetti, un week end in sua compagnia mi ha reso davvero felice, essendo state praticamente inesistenti fino ad oggi le occasioni per passare più di qualche ora insieme. Oltretutto era la prima volta che visitava l'Olanda e penso di essere stato una guida più originale dei ciceroni delle gite della Coop, quantomeno.

Martedì sera invece, ho partecipato a una cena con tutti i ragazzi dello studio organizzata in onore mio e degli altri due ragazzi in partenza. Posso dire che gli addii olandesi rendono le partenze meno tristi, soprattutto quando si consumano dietro a una muraglia di bicchieri vuoti, e finiscono all'una di notte con un gruppo di quelli che erano i miei imperturbabili colleghi, che si trascina verso casa con passo alquanto incerto. Le foto meglio delle mie parole potranno rendere l'idea di quanto sia stato felice di salutarli così, e di quanto mi mancheranno fra, ahimé, pochissimi giorni. A rendere più impegnativi i postumi della serata appena descritta, ci ha pensato una dieta intrapresa ieri a base di frutta e verdura frullate. In sostanza, per una ricerca di mercato abbiamo accettato (molto spontaneamente...) di sperimentare per 24 ore una dieta composta di soli frullati di frutta e verdura, nella misura di tre bicchieri in tutto, senza altro cibo di sorta. Potete immaginare quanto una dieta del genere sia compatibile con i postumi di una serata ad alta gradazione alcolica, e potrei suggerire che lo è quanto un elefante con una manufattura di vasi cinesi. Posso dire con orgoglio di essere sopravvissuto bene, se si trascurano gli effetti di una spremuta di carote e arance al posto della colazione, che ha caricato ogni mia manifestazione gastrica di effetti tanto imprevisti quanto spiacevoli, per le successive quattro ore. Altra iniziativa che, a modo suo, ha contribuito a rendere il mio stage un'esperienza difficile da dimenticare.

venerdì 19 settembre 2008

Dieci minuti olandesi o italiani?

Gli italiani sono tanto simpatici, la pizza più buona l’ho mangiata a Milano, c’è sempre il sole da voi, certo che Baggio era un bel giocatore, a Napoli mi hanno rubato la borsa ma che bella città, il mare in Sardegna è davvero bello, ma mai come la Cucinotta. Ah, come si dice...buònassérra seniora?

Ecco in breve descritto il bagaglio culturale che viene prontamente esibito dai cittadini europei in occasione di una conversazione con un italiano, quale che sia la loro nazionalità o estrazione sociale. A questo simpatico pot-pourri di folklore, vanno aggiunti i coloriti dettagli ben noti agli olandesi, circa le caratteristiche abitudini dei giovani turisti italiani ad Amsterdam, famosi per dimostrazioni di civiltà quali vomitare ovunque, fumare fino a svenire per strada, o fare tanta confusione da distinguersi in un viale largo come l’Arno, il tutto con una padronanza dell’inglese da mercataio di borgata. Credo sia comprensibile il mio disagio quando mi sono trovato a rappresentare per tutti i miei interlocutori questo pittoresco personaggio, e ancora più comprensibili credo siano gli sforzi profusi per distinguermi il più possibile da esso, e dagli italiani in genere.

D’altra parte, come puoi andare fiero di aver avuto i tuoi natali in Italia, quando ti trovi a lavorare all’estero e i tuoi colleghi ti chiedono candidamente perchè mai continui a governare Berlusconi, pur non avendo mai conosciuto una sola persona che dicesse di averlo votato? Vi racconto quanto segue: due sere fa ero a cena con due amici olandesi, e prima di mangiare mi imbatto, navigando su internet, nel filmato che vede il nostro presidente operaio scherzare con il suo tipico piglio da tombeur de femmes con un’avvenente atleta di scherma, nel salotto di Bruno Vespa (scusate il termine). A quel punto mi avventuro nei meandri della lingua inglese tentando una traduzione fedele per i miei curiosi amici, che peraltro non riescono a capire il senso di queste immagini. Nonostante i miei sforzi linguistici, non si capacitano di cosa c’entri il primo ministro italiano con un’atleta, meno che mai il loro affettuoso scambio di battute da Bar Sport, per giunta in un salotto televisivo dove si dovrebbe parlare di politica. Per loro, abituati a cacciare dal parlamento per razzismo fior di politici, per aver detto che l’immigrazione regolare andrebbe limitata, è troppo da capire. Ho presto compreso che era meglio virare il discorso sul design.
Giusto per supportare le mie parole con esempi concreti di quanto pervenga all'estero della nostra cultura e del nostro savoir faire, credo sia sufficiente mostrarvi un video ahimé in Italia quasi sconosciuto, che ci mostra ancora una volta il nostro presidente operaio alle prese con il parlamento europeo, in uno storico incidente diplomatico a noi brevemente descritto dalla stampa italiana come un trascurabile battibecco. Se non avete dieci minuti a disposizione potete saltare agli ultimi minuti per vedere l'intero parlamento che fischia il nostro tronfio presidente invocandone l'uscita dall'aula. Se invece siete dotati di spirito critico, cultura e possibilmente dignità umana, forse è meglio se passate direttamente ad altro.


lunedì 15 settembre 2008

@micizia: ovvero i rapporti umani a distanza, nel 2008


Proprio in questi giorni, dopo aver compiuto due mesi e mezzo dalla mia partenza, mi rendo conto guardandomi indietro di quanto l'uso di Internet possa aver cambiato non solo la società da tutti i suoi punti di vista, ma anche e soprattutto i rapporti fra le persone. Qualcuno dei lettori di questo blog obietterà legittimamente che non c'era bisogno di andare fino in Olanda per scoprirlo, ma il punto è che questo cambiamento così radicale, vivendo all'estero lo si apprezza in maniera infinitamente più vivida, solo per il fatto di trovarsi al di fuori della propria vita abituale ed essere costretti a delegare i propri contatti umani a una connessione fra computer. D'altra parte l'insieme dei miei contatti telematici, sommando i vari Msn e Skype, Facebook e Myspace, più la "vecchia" email, non sono certo un bagaglio di rapporti umani indifferente, dato che in tutto si tratta di più di trecento persone; anzi, a pensarci bene abbiamo molti più scambi umani oggi che non dieci anni fa, dato che vuoi per la moda, vuoi per la necessità, vuoi perchè al computer ci si sta tutto il giorno, quotidianamente contatto almeno una decina di persone sparse chissà dove, anche solo per sapere cosa fanno.

Certo i rapporti basati sulla rete non si possono paragonare per profondità a quelli classici, al contatto visivo e al parlare direttamente a una persona, dato che a parte la telefonata con video, per tutto il resto si tratta sempre di testo scritto e qulche immagine, ma non per questo mi sento di considerarli rapporti di serie b. Sono invece convinto, e questa esperienza me ne ha data una dimostrazione brillante, che i rapporti basati su internet siano una dimensione a sé, dove fare, ma soprattutto mantenere una conoscenza è infinitamente più semplice che nella realtà. Ecco allora che nascono queste amicizie strane, atipiche, spesso fra persone che non si sono mai viste di persona, che non sanno che odore o che modo di parlare abbia l'altro, eppure ne hanno viste le foto delle vacanze, e magari fra loro si sono confidate e raccontate più che se si fossero conosciute davvero. Perchè in fondo parlare da dietro un monitor è limitante per l'espressività, ma perdendo la componente del tete-a-tete fa sì che si perdano anche i freni inibitori che di solito si accompagnano ad essa, a tutto vantaggio dei rapporti neonati e superficiali. 

E allora forse questa Babilonia di network, di chat, di messaggi, di aggiungi agli amici (perchè una volta anche il primo approccio uomo-donna era diverso, fra sillabe inarticolate di lui e pose indifferenti di lei, e il rischio non era il rifiuto dell'amicizia su facebook, ma il mitico due di picche), è proprio quello che caratterizza la nostra generazione, la generazione erasmus, quella che ha sempre una parte di amici sparsi per il mondo, e un altra parte che nemmeno conosce di persona, ma che probabilmente rispetto ai suoi predecessori sta imparando che il mondo non è più una galassia di civiltà separate, ma un enorme minestrone nel quale restare a galla, possibilmente con una lista di amici più lunga possibile. 

venerdì 12 settembre 2008

Texel e i Frisoni

Questi che vedete qui ritratti sono due scorci delle isole Frisone, che vorrei aver scattato personalmente, ma ahimé anche questa volta non sono riuscito ad andarci e dovrò accontentarmi delle foto trovate su Flickr. Le isole Frisone del nord dell'Olanda mi attraggono per vari motivi, fra i quali la popolazione locale che è la più alta di statura del mondo, la lingua diversa dall'olandese, e la natura ancora non contaminata e riconosciuta come una delle più pure sul pianeta. Quanto basta per renderle un posto davvero attraente, peccato che finora gli ospiti del B&B Quovadisbanko non abbiano condiviso la mia curiosità al punto da organizzare una gita. Pazienza, sarà una scusa per tornare in olanda in futuro. 
A proposito di tornare in Olanda, in questi giorni sto pensando di organizzare un altro stage come quello di quest'anno per la prossima estate, e la prospettiva di tornare in questa città sfruttando magari i vari contatti che mi sono creato nel design non mi è per niente sgradevole, anzi. Questo probabilmente è solo un riflesso del fatto che l'esperienza che sto facendo finora si sia rivelata eccezionale da tutti i punti di vista, ma chissà che i miei progetti non si realizzino...
E sempre a proposito di esperienza eccezionale, sto seriamente pensando di stampare questo blog al mio ritorno in Italia, in modo da conservare qualcosa di cartaceo e fisicamente tangibile di quello che per me è diventato un diario prezioso di un periodo memorabile. A tal proposito vi segnalo il sito di Blurb, ovvero la società che ti permette di inviare il tuo blog, impaginarlo per mezzo di un loro software, e infine stamparlo e riceverlo a casa sotto forma di libro. Mica male vero?

mercoledì 10 settembre 2008

Een kapsalon, alstublieft! (un kapsalon, grazie!)


Ecco a voi, che guardate con sdegno e sufficienza (spesso giustificata) il cibo proveniente da fuori confine, sua maestà il kapsalon. Nonostante il suo nome in olandese significhi parrucchiere, quello che vi vado a presentare è nientemeno che il piatto tipico di Rotterdam, nato per caso meno di dieci anni fa da un non precisato ingegno culinario, che ebbe l'ardire di creare una vaschetta ripiena di patate fritte, carne di kebab, insalata e formaggio fuso, oltre alle varie ed eventuali salse, immancabili nella cucina turca. Dopo questa sommaria descrizione sicuramente molti di voi staranno immaginando un pasto esageratamente pingue di calorie e grassi, manufatto da chissà quali manacce luride in un baracchino sul bordo della strada, orpellato di salse indistinguibili, e servito in una vaschetta che in quanto a pulizia se la batte con il carburatore di una panda dell'89. Ebbene, il kapsalon è proprio questo, e il bello è che è anche parecchio buono.
Così come il cugino kebab, il kapsalon è diventato in poco tempo il pasto notturno per eccellenza degli abitanti di Rotterdam, perchè come è noto a tutti, dopo una nottata passata in giro per locali, con più di una birra sullo stomaco, verso le due di notte si inizia ad accusare una voglia di cibo il più possibile malsano, elaborato e indigesto, accettando senza pensarci troppo il proprio futuro prossimo che ci vedrà alle prese con una digestione tormentatissima in una lotta all'ultimo rigurgito. D'altra parte la digestione del kapsalon non deve far molta paura a nessuno, visto che per guadagnarsi uno di questi prodigi della cucina multietnica bisogna unirsi a una turba di famelici astanti, e aspettare una buona decina di minuti con i cinque euro in mano, un occhio alla bicicletta incustodita, protesi verso l'incurante paninaio turco.
Personalmente penso di poter considerare il kapsalon a buon diritto il simbolo di questa città, con le sue mescolanze apparentemente inconciliabili, le sue facce multicolori, gli incroci di razze, i suoi sapori insospettabili e la sua capacità di impastare tutto e produrre non si sa bene come, un risultato più che gradevole. Mi piacerebbe portare un kapsalon in Italia al mio ritorno, ma a parte le sembianze e la consistenza che immagino assuma dopo essersi raffreddato, sono sicuro che non avrebbe mai lo stesso sapore mangiato sulle scale di piazza Duomo invece che in Eendrachtsplein alle quattro di mattina...

lunedì 8 settembre 2008

L’impagabile brivido della soddisfazione


Devo dire che quando è nato questo blog non avevo idea di quanto estesa fosse la portata della rete, e di quante persone si possono raggiungere solo scrivendo e sfruttando qualche network come Facebook: dopo due mesi siamo a quasi duemila visite da 16 paesi nel mondo, che per me è un po’ come alzarsi la mattina, affacciarsi al balcone davanti a cinquecento persone e mettersi a fare un discorso. Mi vengono quasi i brividi a pensarci, e per scacciarli ringrazio di cuore tutti coloro i quali mi hanno manifestato il loro apprezzamento, dandomi lo stimolo per continuare.
Per riassumere in uno spazio umanamente accettabile i giorni trascorsi dall’ultimo post, potrei accennare il fatto non da poco di aver recentemente avuto i cataloghi distribuiti nelle fiere da parte di un paio di nostre aziende clienti, che recavano le immagini fatte da me in questi due mesi per i loro progetti. Era la prima volta che mi capitava, e devo dire che nonostante la grafica e l’impaginazione (da loro curata), più adatta a una confezione di supposte che a una brochure promozionale di un oggetto di design, ho provato la sensazione impagabile di aver prodotto qualcosa, e di aver tagliato un traguardo.
Per il resto la settimana trascorsa ha segnato il mio ritorno alla solitudine domestica, dopo un mese durante il quale ho ospitato una lunga lista di una decina di re magi in visita di piacere, tutti molto graditi a partire dall’Elena, i miei genitori, vari compagni Isia, amiche girellone, e infine Isacco e Filippo neo-sfrattati. Sinceramente poter passare un fine settimana all’insegna della riflessione solitaria (incoraggiato e sponsorizzato amorevolmente dal clima olandese avido di sole e generoso d’acqua e vento) mi ha fatto molto piacere per godere appieno di alcune cose delle quali potrei godere solo in solitudine. Sto parlando di cose semplici, ma indelebili per la memoria, come un pesce fritto mangiato al mercato del sabato mattina, una birra in un locale scalcinato del centro, una passeggiata in bicicletta lungo la Mosa con il sole del tardo pomeriggio in faccia, il profumo del kapsalon all’ora di cena e infine una visita al supermercato senza vincoli di tempo e di appuntamenti vari, con tutta la pace necessaria a tentare di decriptare le confezioni con fare da archeologo, nella speranza di ampliare il menu senza incappare in specialità esotiche e cineserie varie, orrifiche nella forma e putribonde nella sostanza.
Prossimante vi racconterò del kapsalon, misterioso intruglio gastronomico tipico di Rotterdam, simbolo della sua multietnìa imperante, e preda degli appetiti notturni miei e di Harrie.

mercoledì 3 settembre 2008

Mio caro bidet


Voglio dedicare le righe di oggi a un oggetto tanto comune e bistrattato in Italia, quanto introvabile, ma quantomai desiderabile all'estero. Il bidet.
Tale oggetto, mirabile esempio di come la necessità spinga la mente a concepire oggetti geniali, pur nella sua semplicità di complemento al ben più noto cesso, assolve la funzione salvifica di redimere le intimità a un'igiene adeguata e accurata. In sostanza ci si siede e ci si lava il culo.
Questo concetto, che nel nostro paese è comunemente noto dall'infanzia, ho dovuto accettare che è totalmente ignoto ai civilissimi cittadini nordici, per non parlare di quelli asiatici, meno che mai di quelli anglofoni. Di recente mi sono trovato a dover spiegare, in un inglese adeguato all'audience di architetti e ingegneri, quale sia la procedura di lavaggio che si mette in opera su tale strano complemento d'arredo, a loro del tutto sconosciuto. Ecco spiegato il perchè dei bagni microscopici senza bidet, che costringono presto o tardi ogni turista italiano ad arrembare su microlavandini altissimi, e quindi marmarsi o bollirsi le palle secondo il capriccio dell'impietoso getto d'acqua automatico.
Quando l'europa civile ed evoluta nei costumi, ma non nell'igiene personale, si renderà conto dell'immensa gioia del constatare che il proprio corpo è finalmente pulito, qualche architetto avveniristico, ecocompatibile, biotecnologico, nanotecnologico, progetterà il primo bagno olandese dotato di bidet e si aprirà una nuova era anche per gli italiani emigrati come me. Fino a quel momento, posso solo maledire la famiglia e gli affetti di colui che ha finito la carta igienica allo studio e non ce l'ha rimessa.

martedì 2 settembre 2008

Mille splendidi soli


Domenica 31 Agosto, ore 11: saluto i miei due amici Cate e Marco in partenza per Amsterdam, e mi appresto a godere di un bene che in Olanda acquista i contorni della vera e propria rarità, al pari dell’acqua in un villaggio del Sudan: il sole. Dopo una settimana di cielo grigio sono ormai convinto che la confidenza che gli olandesi hanno con questo pianeta sia talmente bassa che i bambini imparano come si chiama in terza media. D’altra parte, la differenza fra una giornata di sole e una di pioggia è talmente evidente che balza agli occhi: con il sole tutto diventa colorato, e i posti che ieri sembravano usciti da un film in bianco e nero di Welles, oggi vivono una nuova vita, a colori.
Fatto sta che oggi c’è il sole, e bisogna sfruttare la ghiotta occasione, ovviamente raccogliendo lo zaino, due panini, l’ipod e altri accessori adatti al ristoro della mente, e andando a sdraiarsi in mezzo al parco dell’Euromast. Ci passo una buona mezza giornata, immerso nel profumo della carne sui barbecue delle famiglie presenti, nelle grida dei bambini e nei miei pensieri. A metà pomeriggio, già adeguatamente tostato dal sole, una musica a tutto volume e un rumore di motori da corsa mi spingono in fondo al parco, sul porto, dove scopro con sommo piacere un raduno di auto d’epoca americane, delle quali trovate varie fotografie nell’album. Passo poco più di un’ora ad aggirarmi in questo tripudio di cromature, giacche di pelle, tatuaggi e sgommate fumanti, in compagnia di enormi ominidi che di tanto in tanto mi salutano con un “Hi, man!” facendomi sentire una comparsa di un telefilm americano anni ’70.
Rientro nella realtà con una cena in compagnia dei nuovi inquilini dell’appartamento che per mesi è stato di Isacco e Filippo, appena arrivati per un anno di erasmus. Non nascondo la mia invidia per loro, ma nemmeno la compassione per l’inverno che li aspetta, che a giudicare dall’estate deve essere tutt’altro che mite. Ovviamente questo passaggio di consegne ha comportato che i miei due compagni di avventure adesso aspettino a casa mia la partenza per l’italia insieme ai loro effetti personali, in una sorta di ritiro spirituale tutto italiano prima di scrivere la parola fine nel diario della loro esperienza all’estero.

giovedì 28 agosto 2008

Behind the grey sky

Da non so quanti giorni il sole si nasconde dietro una coltre di nuvole compatte, omogenee, tanto poco minacciose di pioggia quanto poco foriere di speranza: quando il cielo olandese è plain grey, grigio uniforme, molto probabilmente resterà così a lungo, e quella che mi aspetta è un altra giornata estiva come il cotechino con le lenticchie. Ecco il primo pensiero che in genere faccio al mattino, davanti alla mia finestra semiaperta con una tazza di caffè in mano, mentre guardo passare le persone per strada; mi piace farlo, cerco di immaginarne il lavoro dai loro vestiti, dalle loro espressioni, da quanto corrono in bicicletta, mentre appanno il vetro con il respiro e penso che non riuscirei a correre come loro nemmeno al decimo anno di cittadinanza olandese. Ovviamente il fatto che il cielo sia così grigio non mi incoraggia certo a iniziare l'ennesima giornata di lavoro, anzi mi suggerirebbe di tornare a letto prima che questo si raffreddi chiamando lo studio con la voce del moribondo, ma c'è una cosa che quasi sempre sopraggiunge a cambiare volto alle cose: praticamente ogni giorno alla stessa ora, mentre me ne sto dietro al vetro con l'umore appena più chiaro del caffè che sto bevendo, a un certo punto passa un ragazzo in sedia a rotelle, che si muove grazie a un manubrio particolare che fa oscillare avanti e indietro con le braccia, invece di spingere le ruote. Ora, immaginate lo sforzo necessario a fare chissà quanta strada per andare al lavoro ogni mattina, sospingendosi con le braccia, per giunta a una velocità tutt'altro che bassa, e provate a quantificare la forza di volontà che uno sforzo del genere richiede. Non esagero se dico che ogni mattina trovo la forza di uscire di casa senza lamentarmi con me stesso della pioggia e della giornata che incombe, negli occhi di quel ragazzo così pieni di energia che non tradiscono né lo sforzo né la fatica di continuare a vivere una vita che gli ha già presentato un conto salatissimo.

lunedì 25 agosto 2008

Everything changes

Quello che vedete qui accanto, è uno dei cambiamenti più visibili che sto avendo durante la mia "vacanza" in terra olandese. 
Lieti della visita da parte di vari amici da Firenze, abbiamo voluto (con Isi e Pippo) celebrare il sabato sera con una serata importante: visita al Gay Palace. Tale nome spetta alla mecca della diversità, dove nessuno si stupisce di nulla, e il diverso diventa uguale.
Quella che segue è una cronaca confusa di una serata multiforme e molto lunga. Provati dalla giornata a Utrecht ma in forze per uscire alle dieci, iniziamo con una birra al Bazar, il ristorante turco; seguono ulteriori due birre al Caffè Praag, di fianco al GP. Giunti alla cassa, due immensi buttafuori ci marchiano la mano come bovini, e ci introducono in una folla sudaticcia ed eterogenea, anche se etero non sembra essere la parola d'ordine del posto, a dire il vero. Mi conquisto al bar una vodka-redbull i cui miasmi mefitici mi rincorreranno anche il giorno dopo, e mi amalgamo con la massa ondeggiante schivando occhiate languide e fugaci strusciamenti maschili. Mi ritrovo sul cubo, poi in mezzo alle luci, il buio, il contatto con la gente, l'odore del sudore, il frastuono dei bassi. Poi ancora vodka-redbull (gli effetti sgradevoli di cui sopra ancora non si erano manifestati), altre luci, altri bassi, nuove coppie formatesi per l'occasione e già alacremente dedite allo scambio di saliva, finchè finalmente alle quattro di mattina, come amano incitarmi a dire i miei amici, guadagno la branda.

 

giovedì 21 agosto 2008

May I have an haircut?


Scappo dallo studio furtivo come un topo in una cantina, adducendo la motivazione (in effetti reale) di dovermi tagliare i capelli che hanno ormai travalicato i confini del senso estetico comune, e mi dirigo verso la zona dei negozi convinto di poter trovare senza fatica un kapsalon con un quarto d'ora da dedicarmi. In fondo, mi aveva assicurato il baldo Chris, "di giorno di lavoro non va molta gente dal parrucchiere, non dovresti avere nessun problema". Dopo un ora di ricerche infruttuose fra saloni scintillanti e ultrafashion dalle rubriche stracolme di appuntamenti, mi rassegno alla mia acconciatura demodé e mi avvio mestamente verso casa concludendo che la sentenza rassicurante di Chris era in realtà una cazzata sesquipedale, e che a Rotterdam la gente lavora tutto il giorno, ma non si sa come, i negozi sono sempre pieni. A poche centinaia di metri da casa mi imbatto invece nel parrucchiere del quale vi mostro con soddisfazione il sito, dove una gentile fanciulla ornata di piercing e varia ferramenta cromata mi dice che sì, c'è posto, accomodati pure su quella palla di gomma laggiù per il lavaggio. Oltre a godermi l'arredamento perfettamente "rotterdamese", con specchi appoggiati in terra, look industriale-decadente e mobilio fasciato di lattice rosso, scopro con piacere che la ragazza che si prende cura del mio aspetto, 22enne di Amsterdam, parla un inglese molto corretto e sciolto, del quale si era addirittura scusata poco prima definendolo terribile. Nella mezz'ora necessaria a ricondurre il mio aspetto alla ragione, mi spiega con cura le differenze fra gli olandesi locali e quelli di Amsterdam, la tendenze più in voga in fatto di locali notturni, e mi consiglia persino un paio di gite in altrettante città d'arte. E io che ero abituato alle nostre sciampiste, con le quali sono riuscito tutt'al più a imbastire una dissertazione sul matrimonio di Briatore, fra varie incomprensioni nonostante la lingua madre comune...

lunedì 11 agosto 2008

Maastricht


Finita una settimana infernale, con tre consegne di lavori per i quali mi avevano costretto agli straordinari, mi godo un finesettimana lungo all'insegna del relax e del turismo. Quella che vedete qui accanto è Maastricht, nella quale io e la mia amorosa ci siamo concessi una bella giornata di sole, e un'imponente scarpinata per guadagnare la vetta dell'unica collina olandese, sulla quale sono state scavate città sotterranee servite come rifugi di guerra.
Di ritorno alla routine quotidiana, oggi trovo allo studio un fervore che in Italia, in questo periodo, non si trova nemmeno nei mercati della frutta, con il boss appena rientrato dalla sede della Microsoft che scalpita per terminare le consegne prossime in vista delle (solo) sue ferie. Affronto l'inizio della giornata in bici, lungo le enormi piste ciclabili illuminate dal sole e rinfrescate dall'immancabile vento freddo, con il reggae olandese degli Splendid che mi evoca paesaggi tropicali, gli odori e i colori della Jamaica, così diversa dall'Olanda da far sembrare che l'unica analogia possibile sia la tolleranza nei confronti della ganja. Già, la marijuana. So bene quale sia l'opinione più diffusa dell'Olanda, spesso dipinta come una sorta di simposio e paradiso dei vizi, popolata da pagani ebbri di sesso, droga e rock'n'roll. La realtà, non c'è bisogno di precisarlo, è molto diversa, e per meglio spegarmi vi riporto quanto segue: da che sono arrivato in Olanda, ovvero 40 giorni, non ho ancora visto un solo olandese farsi una canna. Semplicemente, per gli olandesi la marijuana è una cosa perfettamente normale, ma appannaggio delle persone più sfigate, meno cool, e quindi quasi nessuno ne fa uso nonostante lo trovi perfettamente normale. Direi che balza agli occhi la differenza con il nostro ipocrita paese, dove la chiesa e la politica tuonano contro qualsiasi concessione alla legalizzazione, salvo poi trovarsi di fronte alla più alta concentrazione d'europa di consumatori di droghe. Il punto è che il considerare le droghe un tabù ne preserva il fascino proprio delle cose proibite, e le rende un oggetto del desiderio, cosa che smettono di essere quando sono legali, ma considerate da sfigati. Chi è stato in un coffeeshop olandese, converrà che gi principali clienti sono gli immigrati e i turisti, e che gli italiani sanno sempre come farsi riconoscere al meglio. 

mercoledì 6 agosto 2008

Hartelijk gefeliciteerd!! (buon compleanno)


Gratificato da questo simpatico intreccio di vocali e consonanti accoppiate apparentemente a caso, quest'anno posso dire di aver festeggiato un compleanno insolito, degno del primo quarto di secolo. Sono anche riuscito a comprare un buon dolce, indovinando a caso la migliore pasticceria di Rotterdam di prima mattina, in un paese dove una pasticceria buona é rara come un gatto in un canile. Poi cena in un ristorante turco con kebab e yogurt (anche l'anno scorso avevo festeggiato così il mio compleanno, ma in Turchia, con 20 gradi in più), e poi due chiacchere fra amici e tutti a casa. I regali sono stati vari e molto graditi, dagli auricolari per l'ipod degli insostituibili Isacco e Filippo, alla serie di accessori per la casa e per la bicicletta, doni dell'Elena. Così adesso ho anche una borsa per la bici, da difendere dai ladri...

lunedì 4 agosto 2008

Green Fortune


Stamani ho iniziato un nuovo progetto in collaborazione con uno studio di architettura che alloggia nel nostro stesso edificio, il Creative Cube. Il progetto riguarda l'eco housing, ovvero la realizzazione di case eco compatibili, e più in dettaglio un gruppo di appartamenti che verranno realizzati nel centro di Rotterdam. Mentre spulciavo il blog che hanno creato per la ricerca relativa a questo progetto, mi sono imbattuto in Green Fortune, un sistema per integrare il verde nelle abitazioni e non solo, con il sistema della coltura idroponica. Trovate il link nella sezione del blog dedicata alle cose più cool della settimana, oppure qui
Non ho dubbi che i lettori piu' maliziosi di questo blog avranno già pronta la battuta sul tipo di piante da coltivare, visto che si tratta di un progetto olandese...

One love, one heart


Sabato scorso ad Amsterdam c'è stato il Gay Pride, il raduno mondiale del mondo gay. Inutile dire che mentre altrove sarebbero state celebrate più le polemiche che i contenuti, mi vengono in mente paesi come ad esempio l'Italia, ieri ad Amsterdam campeggiavano ancora le bandiere attaccate ai lampioni con la scritta We Are Proud. Se sapete l'inglese e avete voglia, potete leggere il programma sul sito della città, qui. E a proposito di amore, da cinque giorni divido questa bella esperienza con un ospite speciale, la mia dolce metà. Devo dire che oltre agli ovvii piaceri del rivedersi dopo un mese, una delle sensazioni più piacevoli degli ultimi giorni è stata la soddisfazione di mostrare a qualcuno tutto ciò che ho costruito faticosamente, i posti che ho scoperto, i ristoranti che mi sono piaciuti di più, eccetera. Se solo il lavoro mi lasciasse un po' più tempo libero dei due miseri giorni nel weekend....
A proposito di lavoro, la scorsa settimana sono stato impegnato quasi esclusivamente con le immagini del barbecue che lo studio ha progettato per Cadac, una ditta sudafricana. Dopo giorni passati a scegliere i materiali e fare prove, Venerdì scorso a tre giorni dalla consegna il boss non era ancora soddisfatto del risultato, e così lo scorso fine settimana, fra un giro in centro e una birra in un pub, mi sono dovuto destreggiare fra penne usb e luridi internet point per spedire il lavoro al mio collega Chris che abbraccio virtualmente per la pazienza e per la gentilezza. Cosa non si fa per compiacere una ditta di spiedini, eh? Sarei felice di mostrarvi il risultato di tanta fatica, conscio che non ve ne possa fregare di meno, ma per vostra fortuna tutto il nostro lavoro è coperto da segreto professionale finchè non viene prodotto, e dunque dovrete accontentarvi della vostra immaginazione.
Ah già, stamani mi sono svegliato con qualche dolore in più, e dopo aver accusato comprensibilmente la quantità immane di pioggia presa ieri sera tornando a casa in bici dalla stazione, mi sono improvvisamente ricordato di avere 25 anni da oggi, e dunque di essere un po' più vecchio. Non faccio un bilancio del mio primo quarto di secolo perchè non voglio annoiare nessuno, ma spero di poter festeggiare il prossimo altrettanto bene!

domenica 27 luglio 2008

Osservazioni a due ruote


Mi piace osservare la città dal sellino della bicicletta: ho capito dal primo giorno che questa è senza dubbio la prospettiva migliore, alla quale noi italiani siamo tutt'altro che abituati. Il tempo che vi passo sopra ogni giorno non è quello che penseremmo, una scocciatura da sbrigare prima possibile a testa bassa, per giunta nei due momenti peggiori della giornata, il primo mattino e l'uscita dal lavoro. Bensì una pagina necessaria, preludio e corollario della fatica di lavorare, durante la quale trovo ispirazione, ascolto la musica che ho raccolto nello studio dalle varie playlist, e infine mi riconcilio con la vita sociale dopo una giornata trascorsa nella mia bolla, dietro un monitor 21 pollici. E' prima di tutto un momento vissuto appieno, che non sostituirei per niente al mondo con un equivalente lasso di tempo da passare in macchina, magari stipato su un viale. Nel tardo pomeriggio, con il sole ancora alto, tornare a casa in bici è come sezionare la città e vederne uno spaccato: senti l'odore del kebab appena fatto, le grida dei bambini che giocano per strada davanti a casa, i rumori delle famiglie che si ricompongono per la cena, tutti gli odori e i colori di questo enorme minestrone di razze ed etnìe diverse.
Vi riporto una riflessione che ho fatto questa mattina, non a caso mentre pedalavo: in questa città, eccezion fatta per una minoranza composta di auto di lusso e vecchie station wagon, la macchina è un mezzo di trasporto che appartiene agli immigrati, a quegli strati sociali più bassi che ancora trovano la macchina tamarra con i vetri oscurati un oggetto del desiderio. Per il resto l'olandese medio, colto, con prole e fissa occupazione, non usa che la bici ed i mezzi pubblici per spostarsi con evidenti risultati positivi. Posso dunque azzardare la conclusione che la società olandese, nei suoi strati più evoluti, abbia accantonato l'auto come mezzo di trasporto quotidiano, e si sia rivolta ad altre soluzioni tradizionali e più intelligenti. Quando tornerò a Firenze e ritroverò dopo mesi il solito ingorgo di macchine di lusso praticamente immobili, probabilmente mi sentirò tornato in una società sottosviluppata rispetto a questa.
Dopo questo infinito panettone di parole, potrete avere un'idea della rabbia che mi ha invaso stamattina, quando ho trovato la mia bici priva della ruota davanti, nel giorno santo del riposo e dei negozi chiusi. Auguro al suo nuovo possessore tutto il bene possibile, e una ricca diarrea notturna con ricadute multiple.

domenica 20 luglio 2008

Here comes the summer (arriva l'estate)

Per titolare il mio post di oggi rubo volentieri il titolo di una canzone dei Moke, gruppo rock di Amsterdam ovviamente molto in voga anche qui, che nonostante non abbia la fantasia fra le sue doti più brillanti, sta caratterizzando la mia estate olandese. Che l'estate debba arrivare mi viene ripetuto da vari giorni, una quindicina direi, e infatti ogni volta che il sole riesce faticosamente a sgombrare il cielo dalle onnipresenti nubi, con il tono sicuro di un colonnello della marina sentenzio che sì, questa volta è proprio arrivata l'estate, da domani vedrai che caldo che fa. Sfortunatamente fino ad oggi le mie convinte previsioni sono sempre state confutate di lì a breve dal ritorno del solito strato di nubi impenetrabili, che puntualmente si premurano di garantirmi una doccia gratuita (e parecchio fredda) nel momento esatto in cui mi accingo a uscire dallo studio. Dicono che ci si abitua, e io ho molta fiducia negli olandesi, ma per ora ogni volta che questo accade non riesco a risparmiarmi di declamare una ricca rassegna di bestemmie in varie lingue. Chissà con il tempo se imparerò.
A parte questi fastidi,la vita a Rotterdam è davvero a misura umana, e i locali notturni sono davvero tanti e ben assortiti: mi dispiace di non aver portato con me la macchina fotografica nelle ultime uscite serali, ma prometto che saprò rimediare quantoprima. Intanto vi faccio vedere una foto dell'uscita serale di venerdì scorso, presa dall'album dell'amico di Marcel che ho già linkato nel post precedente e che vi invito a rivedere visto che ogni settimana ci sono nuove foto, tutte accuratamente titolate e ordinate.
A proposito: se qualche lettore del blog fosse interessato a venire a trovarmi, ho appena trovato un biglietto con Ryanair, partenza il 29 Agosto da Pisa e ritorno il 2 Settembre da Eindhoven, a 88 €. A chi avesse una mezza idea consiglio di andare a vedere alla svelta, dato che i biglietti aerei cambiano prezzo ogni giorno e fra poco saranno molto più cari. 

giovedì 17 luglio 2008

Ode alla rete libera


Devo grande gratitudine al proprietario della rete che stasera ha deciso di aprirla al pubblico accesso, consentendomi di aggiornare il blog. Mi auguro non sia un onda di magnanimità passeggera.
In questi giorni sto iniziando un lavoro sulla progettazione dell'infocenter di Rotterdam. Bisogna sapere che in questa città esiste un infocenter per le infrastrutture, che si propone di informare i cittadini sui progetti in corso e sulle grandi opere. E il bello è che i cittadini si informano, e trovano giusto e accettabile che la città sia sempre un cantiere aperto in nome del modernismo e del miglioramento, anche a costo di soprusi insopportabili come dover cambiare lato della strada per colpa dei lavori in corso. Mi viene spontaneo un paragone con la gestione dei grandi progetti del Comune di Firenze e la reazione dei suoi cittadini, ma preferisco sorvolare per non rischiare di passare per esterofilo.

Oltre a questo, colgo l'occasione per ribadire l'incompatibilità degli olandesi con il cibo: dopo aver visto mettere il salame sul burro d'arachidi, non temo nessuna obiezione alla mia posizione. Un amico di Marcel mi chiede: secondo te si può mettere la mostarda sulla pasta? Io rispondo: certo, basta non volerla mangiare, dopo. 

martedì 15 luglio 2008

The Boss and the Intern


Il Boss e l'apprendista, ecco il titolo dato a questa simpatica foto dal suo autore, ovvero Pep, un amico di Marcel. Vi segnalo volentieri anche un album di sue immagini preso dal profilo di Flickr, relativo a una festa che doveva essere davvero eccezionale, peccato sia arrivato dieci giorni dopo, alla quale fra l'altro hanno partecipato tutti i ragazzi dello studio essendo la festa di Marcel. Nella prima foto lo vedete anche completo di parrucca nera, il che ve la dice davvero lunga....
A presto!

lunedì 14 luglio 2008

Be wired or be nothing


Rintanato in un internet point di bassa lega, in una cabina di legno laminato in mezzo a una ventina di individui di molteplici etnie che conversano con i propri affetti dall’altra parte del mondo, mi appresto a consumare i miei trenta minuti di accesso alla rete aggiornando il diario di viaggio con importanti novità.

Prima fra tutte, ho allungato la mia ristretta lista di conoscenze a due individui promettenti: Daniel, estroso personaggio dalle sembianze sudamericane, e Pascal, olandese modello, magrissimo, nonchè discreta idrovora di birra. Pare che tra tutti e due conoscano diversi locali interessanti, ed in effetti li ho conosciuti tramite Filippo in un locale tutt’altro che brutto: trattasi di una sala da ballo piuttosto piccola, ma dotata di un palco sul quale suonano vari gruppi locali quasi tutte le sere, anche tutta la notte. Pare proprio che nel fine settimana agli olandesi piaccia divertirsi fino a tarda ora, e i locali che normalmente sono vuoti alle nove di sera, arrivano tranquilli all’alba pieni di gente. E pensare che cenano tutti i giorni al massimo alle sette, con ancora un paio d'ore di sole pieno, visto che tramonta alle undici...

Seconda novità importante, questa settimana ci sono i saldi. Ora, in una città il cui centro è un grande centro commerciale, dove si può acquistare qualsiasi cosa in qualsiasi fascia di prezzo, il periodo dei saldi diventa più o meno ciò che qualsiasi donna ha sempre sognato di poter vivere: una babilonia di vetrine di ogni genere, gallerie di negozi tappezzati di percentuali di sconto, offerte speciali etc. C'è però una curiosa differenza con i saldi italiani (più d'una in verità): al termine del pomeriggio di shopping, la moltitudine di buste e sacchetti accaparrati e appesi ad ogni arto, non viene caricata sul sedile posteriore del SUV parcheggiato in doppia fila sui viali, ma viene portata a casa con il mezzo comune, ovvero la bicicletta. 
Avrei dovuto valutarlo più attentamente sabato scorso, quando mi sono avventurato in bici per la via di casa con un ingombrante fardello di sacchetti che mi donava la mobilità di un autotreno in pieno centro. Ma d'altra parte, senza macchine si viaggia così bene, ma così bene...

giovedì 10 luglio 2008

Frank e Chris

Questi due strani personaggi che vedete ritratti qui sono Frank e Chris. Il primo si occupa di ingegnerizzare i progetti, mentre Chris fa un po' di tutto, compreso commissionarmi dei simpatici modellini in poliuretano dei suoi macinapepe, da realizzare nel sottosuolo urgentemente. Mi dicono sia anche un grande surfista, il che gli vale una smisurata ammirazione da parte di Marcel, anche lui patito di surf. Se vogliamo aggiungere lodi sperticate, ha anche una mano notevolissima per disegnare, e i suoi sketch sono fra i più chiari che abbia mai visto. Ok, basta lodi.

Ieri avevamo ospite a pranzo nientemeno che un dirigente della Wacom, azienda che i designer ben conoscono per essere leader nel campo delle (carissime) tavolette grafiche. Per l'occasione, essendo un incontro importante, mi hanno chiesto di andare in un supermercato italiano (gestito da viareggini), e allestire un pranzo all'italiana. Ovviamente a base di panini, visto che per un olandese pranzare con un alimento di forma dissimile dal sandwich è alquanto insolito e scomodo, e per tre persone dato che a noi toccava il pranzo olandese standard mentre l'incontro si svolgeva in sala riunioni. Mi sono dunque adoperato a imbottire una decina di fette di pane con prosciutto, bresaola e formaggi vari, per poi servire il tutto su tre piatti, guardandomi bene dal servire anche i condimenti con i quali solitamente massacrano l'arte culinaria, come l'onnipresente burro d'arachidi, o i tremendi cacioni gommosi e insipidi orrendamente orpellati di ketchup o pesto (no, no, non ho sbagliato a scrivere). Ovviamente hanno apprezzato con soddisfazione, ripulendosi la maglia dalle briciole di beccorino cheese, e annaffiando il tutto con latte e succo di mele. La sua morte, no?

A questo punto devo raccontare di Jun (si legge gin) il nostro tirocinante cinese, arrivato lunedì scorso. E' in Olanda da due anni, visto che studia a Delft, ma sembra arrivato ieri dalla Cina. Per lui è tutto nuovo, tutto strano, soprattutto nel cibo, che è probabilmente la diversità più evidente per gli abitanti dell'estremo oriente. A consacrare definitivamente la sua diversità ci pensa l'abbigliamento, che nel suo caso sembra curato dal tenente Kojak nell'85. Ovviamente la sua presenza rende il pranzo ancora più divertente, dato che vederlo scartare circospetto un misterioso formaggino foderato di alluminio è come vedere un bambino di tre anni alle prese con un gioco nuovo, combattuto fra la curiosità impellente e la paura di romperlo. Il problema semmai è che gli altri membri dello studio accampano la pretesa di consigliarlo sugli abbinamenti alimentari. Ora: un cinese che impara a cucinare da un olandese, è più o meno come un monco che prende lezioni di guida da un cieco. L'importante è che non mi chiedano mai di assaggiare, perchè potrei risultare scortese....

domenica 6 luglio 2008

L'insostenibile leggerezza dell'etere

Graziato per una sera dal proprietario di una rete aperta che ha deciso di accenderla gentilmente, salvandomi dall'assenza di comunicazione che mi ha afflitto per questo week-end, non avendo ancora una connessione ad Internet in casa, riesco finalmente a tornare sul blog. Ancora non me ne rendevo conto, ma senza Internet ci si sente un po' persi, soprattutto vivendo da soli all'estero, e in un paese dove la connessione al web è sentita come un comfort scontato, al pari della corrente e del gas. Comunque il primo fine settimana è passato più che bene, fra un buon libro al sole di un parco meraviglioso a due passi da casa, e un paio di birre nel locale sotto casa, da vero olandese. 

Sembrerà assurdo per chi, come la maggioranza di noi, vive il lavoro come una tortura della quale attendere ansiosi la fine, ma sono felice di tornare allo studio domattina. Quello del Waacs è l'ambiente più piacevole nel quale si può sperare di lavorare, tanto da fare fatica a immaginare come si possa essere più a proprio agio sul posto di lavoro. A proposito, il mio blog da ieri ospita un video blog, ovvero una sezione dove potete vedere un elenco di video che riguardano il Waacs, appunto. Ce ne sono due fatti da me Venerdì pomeriggio, che vi linko in questo post. Per la cronaca, il boss dello studio mi ha chiesto di vederli prima di metterli su youtube per essere sicuro che non potessero contenere informazioni riguardanti i progetti in corso. Giustificatissimo quando si lavora per gente come Microsoft...



Proprio a proposito del boss dello studio, eccovi un raccontino per farvi un idea. Venerdì è il giorno in cui tutti escono con gli amici dopo il lavoro, e infatti Marcel (il boss) mi aveva invitato giorni addietro ad uscire con degli amici per "bere qualche birra". Venerdì poi i ragazzi dello studio erano impegnati, e così siamo usciti io e lui dallo studio e ci siamo fatti un bel giro della città in bici per unirci a un gruppo di suoi amici. Per la cronaca Marcel ha circa 40 anni, e famiglia. Appostati in un bel locale vicino a casa mia, la comitiva di fotografi, designer e artisti vari che mi comprendeva, ha concluso la serata verso le undici con ben 80 birre medie sul conto, per un totale di undici persone. Io ho gettato la spugna alla quinta birra, staccato di almeno due ordinazioni dagli altri commensali, che oltre a una tolleranza imbattibile dell'alcool, vantano anche una capacità della vescica paragonabile alla diga del Bilancino. 

Domani spero di aggiungere una galleria di fotografie, che infilerò nel blog. Tornate a trovarci!

giovedì 3 luglio 2008

Lezioni di vita e di design





Prima lezione di vita: le ruote della bicicletta e le verghe del tram non sono compatibili. Postulato: quando piove lo sono ancora meno. Morale: fare molta attenzione per evitare di arrivare ancora allo studio motoso e bagnato.
Questa lezione molto importante imparata questa mattina introduce una novità importante: da ieri ho una bici. Sembra un dettaglio, un vezzo, per chi abita in Italia dove questo mezzo di trasporto appartiene a mala pena a qualche deriso e coraggioso fondamentalista, ma in Olanda avere una bici è come avere un paio di scarpe: se ne può anche fare a meno, ma a patto di pentirsene continuamente. In fondo le strade sono fatte apposta per i ciclisti, e si gira che è una meraviglia. Vorrei raccontare brevemente l'acquisto della suddetta: dopo averne viste cinque o sei nel negozio di seconda mano, il proprietario mi dice di provare quella che avevo scelto, dopodichè mi accorgo di non avere abbastanza soldi per pagarla. Lui mi dice tranquillamente che il bancomat è in fondo alla strada, e insiste perchè ci vada con la bicicletta e poi torni a pagare. Notate qualche differenza con l'Italian way?

Vi mostro anche con orgoglio tre foto dello studio e della mia nuova postazione di lavoro. L'iMac che troneggia sopra al mio portatile è stato comprato ieri, dopo che il capo dello studio mi aveva chiesto un po' di cose sui nuovi macbook. E' uscito, e quando è rientrato aveva uno scatolone che mi ha depositato sulla scrivania dicendo "tieni, scartatelo, configuratelo e installaci i programmi che ti servono". Ovviamente ha tutti gli optionals del mondo.

A volte mi capita di guardarmi dall'alto e mi sento per un attimo in un film tipo Ritorno al Futuro. Con la differenza che non ho Doc fra le palle, e non devo salvare nessuno dai terroristi libici. Mica male no?



mercoledì 2 luglio 2008

Ok, here we go!


Quella che vedete qui ritratta è la finestra della mia camera. Mi sembra un ottimo modo per manifestare la mia gioia, giunto appena al secondo giorno del mio stage. 

Pensavo che i pregi dell'Olanda si vedessero così bene solo in vacanza, e che viverci fosse molto meno semplice e godibile, invece devo ammettere che mi sbagliavo: vivere in Olanda è uno spasso, non c'è altro da dire. 
Da stamani ho una bici, il che mi rende la vita notevolmente più semplice, visto che qualsiasi spostamento affidato ai mezzi pubblici e ai piedi richiede tempi piuttosto lunghi e gambe robuste. E se in vacanza è tutto semplice e divertente, alzarsi la mattina e sobbarcarsi mezz'ora a piedi prima di andare a lavorare, non lo è affatto. Ecco dunque l'importanza del velocipede, adeguatamente allucchettato con catena e blocco delle ruote visto che il traffico di bici sembra essere un attività molto in voga.

Degli altri aspetti della vita in Olanda darò quanto prima altri ragguagli più precisi, anche perchè per ora le foto disponibili sono soltanto due...