domenica 30 gennaio 2011

Riportando tutto a casa


In tempo di valigie e preparativi, mi viene spontaneo ripensare con un po' di prospettiva ai quattro mesi trascorsi, e fare un bilancio mentale di quanto sto per riportare a casa. Dal punto di vista materiale non molto più di quanto avevo con me quando sono partito, qualche vestito nuovo, una collezione di ricordi appesi al muro in salotto, ben tre regali ricevuti dagli amici la settimana scorsa come doni di arrivederci, suppellettili varie, e qualche souvenir. Dal punto di vista dell'esperienza la lista è invece più lunga e articolata, e richiede uno sforzo di concentrazione che al momento incoraggio con del vino rosé di dubbia provenienza e dal nome evocativo "Wild Pig". Sempre più elegante di Cinghiale, comunque.
La prima posizione in classifica fra le cose che ho imparato in questo periodo spetta sicuramente alla gestione dei progetti e alla consapevolezza dei processi industriali: per essere chiari, adesso ho un idea precisa di tutto il ciclo di vita di un progetto, con una nota di rimprovero verso la mia università che non si era premurata minimamente di insegnarmelo a suo tempo, anche se so di essere ben lontano dal poter gestire un progetto della complessità di quelli per i quali ho lavorato al Waacs. Mi sono infatti reso conto in questo periodo di quanto sia importante la conoscenza di tutto il processo di progetto nel suo insieme, addirittura da poter dire che un designer ha il diritto di definirsi esperto e competitivo nella misura in cui è consapevole di questo processo, e nella misura in cui è capace di gestire progetti più o meno complessi. Al confronto di questo, saper fare bei disegni, bei render, o modellare velocemente, sono dettagli.
Al secondo posto direi di poter mettere la conoscenza di come si gestisce uno studio. Per dare un'idea della situazione, il Waacs è un'azienda composta da sette persone, stagisti esclusi, che produce un volume di circa trenta progetti all'anno, alcuni dei quali con un budget a sei cifre, per le multinazionali del calibro della Henkel e della Microsoft. I casi sono due: o questi sette sono transgenici, oppure sanno benino come si gestisce uno studio e come si fa pedalare la gente ai ritmi di Pantani in salita. Opto per la seconda, e segnalo Basecamp, una piattaforma di gestione aziendale online che permette di ottimizzare il lavoro e tenere traccia di tutto quello che succede senza produrre un solo foglio di carta. Futuristico, ma non per tutti evidentemente.
Al terzo posto ci metto la tecnica. Ho imparato a ricevere un incarico alle undici e consegnarlo renderizzato alle sei, mettendomi alla prova con la consapevolezza a posteriori che avrei potuto fare comunque qualcosa in più. Gli anglofoni lo chiamano challenge yourself, e rende bene l'idea. Ho imparato a studiare un programma in un giorno, e poi considerarlo solo uno strumento fra i tanti al servizio dell'idea, che non deve mai lasciarsi intralciare dai limiti della tecnica di cui si dispone.
Poi c'è una cosa che non rientra nella classifica, perchè troppo importante per essere inserita nel novero con le altre, ma vale più di tutte: la consapevolezza che a un metro da te c'è sempre qualcuno che avrebbe potuto fare meglio quello che hai fatto, e molto più in fretta. Fanculo a lui.
Edit: dopo essere tornato allo studio per concludere alcune cose, aver ricevuto una valutazione incoraggiante, e un cd in regalo che mi ha davvero fatto commuovere, ho capito che le amicizie sono la cosa più preziosa che si può riportare a casa. Da conservare più gelosamente di qualsiasi segreto professionale.

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